Teatro Brancaccio: indimenticabile concerto
L’orchestra formata da 11 elementi si dispone sul palco, le luci si abbassano su un Teatro Brancaccio strapieno, molti colleghi fra gli spettatori, si notano: Renato Zero, Mariella Nava, Edoardo Vianello; il videoproiettore trasmette un Amedeo Minghi giovanissimo che canta Alla fine (1966), brano del debutto televisivo, erano gli anni in cui si andava in Rai vestiti di tutto punto e la prima regola era essere telegenici per cantare… Ma ecco, accompagnato da un fragoroso applauso, l’ Amedeo Minghi di oggi entra in scena per terminare il brano. La sua voce viene letteralmente coperta dagli applausi: il pubblico si alza in piedi e non smette di farsi sentire. Nell’aria c’è la voglia di abbracciare questo grande artista che ha scelto di cantare d’amore come impegno civile, anche e sopratutto stanotte, dopo vicende private che inevitabilmente scuotono l’anima. E’ il cantare d’amore, quello che Minghi propone da sempre con fare testardo e visionario e come sottolinea in più occasioni durante il concerto, l’amore nel suo farsi materia è continua trasformazione: se i contenuti amorosi non cambiano, si vivono “i trasformamenti”, le mutevoli forme di essi: le rare moltiplicazioni, più spesso sottrazioni di un vivere quotidiano e, le canzoni di Amedeo, vogliono rintracciare queste correnti energetiche, che come vere e proprie scosse telluriche segnano la storia d’ognuno fra euforie e disforie: un sismografo del cuore è pronto a tracciare i picchi alti e le discese rovinose dell’amore. Io e te, è il brano scelto per creare l’atmosfera di una lunga serata di musica e dialogo con il pubblico. “C’è fiume e roccia nell’abbraccio fra noi” recita il testo di questa canzone inserita nell’album L’altra faccia della luna (2002/2003),una canzone scandita da un ritmo travolgente del ritornello in crescendo “vive insieme a te, sarà così per sempre” e ancora “lo sai sarà per sempre, sempre fra di noi” un arrangiamento robusto e complesso che fortifica la metafora di questo abbraccio fortissimo fra due elementi che convivono naturalmente pur dissimili come l’acqua e la terra… perché ogni vicenda amorosa si colora delle sue dissonanze e complementarità… “perché amarsi è come andare in fuga”… e Amedeo ricorda la sua esperienza televisiva in qualità di “ispiratore” e conduttore accanto a Serena Autieri di un programma “Cantare è d’amore” in cui per l’appunto il canto d’amore veniva rinominato nelle sue mille pose riassunte nelle canzoni di tutti i tempi della musica italiana. Non è un caso che Minghi dal palco del Brancaccio ripeta l’esperimento televisivo di rendere omaggio a Domenico Modugno, cantando tre canzoni di Mimmo senza tempo e di fama internazionale. Tornando al format televisivo Rai realizzato con pochi spicci è importante ricordare che valse un primo posto d’ascolti e tanti complimenti… Così Amedeo canta la canzone manifesto dell’amore e del suo andare in fuga dalla realtà, che portò a Sanremo nel 1996 per poi essere titolo dell’album Cantare è d’amore . Alle spalle del cantante viene proiettato il fortunato video, di questo brano, in cui si raccontano gli amori celebri romanzati d’artisti dell’Opera classica a racchiudere in sé le grandi verità sull’amore: in cui l’illusione coincide con la nostra verità e quindi più si rafforza nella forma del suo definirsi autentica, più sfugge alla realtà stessa. Ma qualcosa resta nel cuore, l’organo sede per tradizione – ammette Minghi – deputata a conservare i ricordi: I ricordi del cuore. Era il 1992 e Amedeo Minghi a proposito di ricordi, con questo album raggiunse vette altissime, metabolizzando così il successo nazional popolare diVattene amore e rivelando al grande pubblico (Fu uno gli album più venduti in Italia di quell’anno) il fascino evocativo per il melodramma di matrice pucciniana . Amedeo Minghi durante l’esecuzione dei brani Nené, Il suono, Distanti insieme, Notte bella, magnifica, L’incanto dei nostri vent’anni, Decenni, Vivere Vivere , Ed altre storie sembra anziché cantarli, che desideri raccontarli sussurrandoli all’orecchio dello spettatore ideale, facendo così permeare la brillantezza melodica e la capacità interpretativa e di immedesimazione: in qualità di traghettatore dell’emozione, ma anche d’autore emozionato; così non può mancare L’immenso, brano con cui Amedeo Minghi ottiene nel 1976 un primo traguardo come cantautore. Nella scaletta anche Di più e Sicuramente tu che elettrizzano il pubblico in un gioco fra strumenti pizzicati e percussioni e poi Un uomo venuto da lontano, canzone bellissima (Minghi-Marrocchi) che ha un fascino storico unico perché la sua prima esecuzione risale al 1995, ma si dovrà attendere il 1998 per vederla pubblicata con videoclip papale annesso nell’album Decenni dopo che Minghi è stato incoraggiato dallo stesso Papa Giovanni Paolo II, a pubblicare questa canzone (che racconta la storia del Pontefice) unitamente al video collage storico – emotivo in cui protagonista indiscusso è il Papa. Il pubblico è sempre più partecipe e resta in ascolto anche quando Minghi propone Emanuela e Io con uno stravagante arrangiamento frutto d’incontro con due giovani musicisti, Davide e Andrea, che lavorano a Praga che, innamorati di questo brano, ne hanno proposta una versione tutta loro, cantandola con Amedeo. Al di là degli esiti, questo aspetto dimostra ancora una volta che, da parte di Amedeo Minghi, c’è una voglia sana di condividere la musica in modo universale e che soprattutto sia un tessuto giovane a trapiantare nuove funzionalità a questo bellissimo ingranaggio comunicativo: la musica.
La sana condivisione porta il pubblico in deliro quando nell’ordine Minghi propone Cuore di Pace, 1950, La vita mia… la voce diviene specchio del cuore “perché tremare fa, la vita che se ne va” e per la prima volta Vattene amore non viene intonata da un pubblico troppo intento a strappare a un Minghi evidentemente commosso, una stretta di mano… la melodia di Vattene amore continua a farsi colonna sonora eseguita dall’orchestra, ma Amedeo è preso d’assalto. Ognuno sembra voler ringraziare personalmente il cantautore per questo atto di coraggio amoroso. Elena non viene nominata, ma è lì a guidare il suo consorte, a guardarlo come faceva, dall’alto della loggetta accanto alle figlie Annesa e Alma e al piccolo grande Leonardo. Amedeo Minghi è un impeccabile professionista, riafferra il microfono, nasconde le lacrime come fece quando era nel sud dell’Italia a cantare in tour e apprese della morte di Gaio Chiocchio amico e poeta delle sue storiche canzoni, come quando al Sistina ha suonato senza il suo batterista Roberto Mazzetti, anche stavolta chiude con Vita e Speranza perché lui canterà e scriverà canzoni altre, bellissime, perché l’arte è l’unico ponte che permette di attraversare la vita e questo raffinato artista, stanotte lo ha confermato.